giovedì 19 marzo 2015

Esiste il Destino?

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È capitato a tutti noi - dopo innumerevoli tentativi di migliorarci, di superare i problemi, di credere che “si può fare!” - di gettare la spugna e dire: “Tanto è tutto inutile... non cambia mai niente...”. A questo punto perdiamo ogni speranza e ci lasciamo trasportare dagli eventi come un tronco dalle correnti dell’oceano. E vediamo che, in fin dei conti, le cose vanno esattamente come prima... E allora ci convinciamo che è tutto predeterminato, che siamo veramente esseri trasportati dalle correnti del Fato. Eppure, eppure, accadono degli eventi che ci convincono di essere noi gli artefici nel nostro destino: sentiamo, percepiamo che è così. Ma, ancora, in altri momenti più cupi, rivolgendo lo sguardo agli eventi di cui noi ci siamo sentiti gli artefici, notiamo soltanto una serie di concatenamenti di cause che ci hanno portato a prendere quelle determinate decisioni; dunque, anche in quei casi, ci diciamo: “Sono state delle ‘forze’ a spingermi a ‘fare’... io non ne ho nessun merito”. Appare dunque evidente che delle volte siamo sicuri di essere noi a determinare la nostra vita e altre, invece, in cui siamo certi di non essere altro che delle foglie trasportate dal vento... Qual è la verità?

Se riflettiamo con attenzione, ci accorgiamo che Volontà e Destino si escludono a vicenda. In sintesi: o esiste l’una o esiste l’altra; almeno questo è vero se manteniamo il significato di queste due parole così come le abbiamo sempre intese. Ma se la Volontà non fosse altro che la “spinta” a compiere ciò per cui siamo nati, la forza che ci porta a realizzare il nostro Destino?
Da qualsiasi posizione ci poniamo a guardarlo, tutto l’esistente non potrà che essere un Tutt’Uno: un grande sistema dove ognuno di noi è una parte fondamentale e necessaria a tutto il resto. È sufficiente osservare l’armonia presente tra gli animali, in una foresta o anche (incredibile!) in una grande metropoli per rendersene conto. Ogni cosa influenza un’altra cosa che influenza un’altra cosa e così via, fino a essere essa stessa influenzata da tutto questo movimento. E se tutto ciò vale per ogni cosa esistente, allora vale anche per ognuno di noi. Non appare dunque ovvio che ogni essere umano – nessuno escluso – ha uno scopo, una missione da compiere? Ma la domanda che, altrettanto ovvia, può sorgere a questo punto è: “Se non ne sono a conoscenza, come faccio a capire qual è il mio ruolo in questo mondo?”. La risposta è più semplice di quanto possa sembrare: “Non devi chiederti qual è il tuo “ruolo” poiché esso si rivelerà soltanto in un modo, e cioè seguendo la tua volontà”. La Volontà è la bussola che ci indica le strade necessarie da percorrere per il nostro viaggio. Per quanto “sbagliate” queste strade possano sembrare, ciò che la nostra volontà ci obbliga a fare è ciò che è che necessario al fine di compiere lo scopo per cui siamo nati.
Dunque perché vivere quotidianamente con tensioni e paure?
È vero, ognuno è spinto da un proprio destino, ma questo non deve essere visto come un “diventare passivi” davanti agli accadimenti della vita. Tutt’altro! Il comprendere questo ci tranquillizza di fronte alle “spinte” che sentiamo all’interno del nostro animo, quelle spinte che ci fanno dire “io voglio!”. Già perché sono proprio quelle spinte che ci dicono “tu sei nato per fare questo!”. E allora ecco che vediamo svanire di fronte ai nostri occhi ogni “rammarico”, ogni “risentimento” e ogni “angoscia” per gli “errori” che abbiamo compiuto in passato: essi infatti non sono “errori”, bensì necessità per cui siamo venuti al mondo. Come scriveva Nietzsche: «Il nostro destino esercita la sua influenza su di noi anche quando non ne abbiamo appreso la natura». Qualcuno potrebbe obiettare che questo, per qualche natura “violenta”, potrebbe suonare come un invito a persistere e incrementare la sua violenza. Io invece sono convinto che, sebbene qualche “mente debole” possa cadere nell’immediato in questo errore, a lungo andare una siffatta visione del destino porterebbe un grande equilibrio e vero rispetto tra noi esseri umani. Se io domani mattina, ogni volta che incontro una persona la vedo come parte del Tutto e vedo che ogni sua azione ha un perché finalizzato al grande ordine delle cose, come potrei mai adirarmi contro di lui? Certo, magari lo fermerò se lo vedrò agire contro qualcosa che io ritengo sbagliata, ma non lo giudicherò, non lo odierò. Sembra strano che si possa agire contro qualcuno senza odiarlo? Allora immaginate per un istante di essere dei pastori: voi potreste mai odiare e giudicare un lupo che cercherà di prendere una delle vostre pecore? Naturalmente no. E perché? Perché sapete che il lupo si muove secondo la sua natura... ma anche voi vi muoverete secondo la vostra natura, che è quella di custode del gregge! In sostanza è un po’ il “rispetto per il nemico” che si predicava nell’antichità, proprio perché nell’antichità si era coscienti che è tutto un grande gioco delle parti.
Come diceva, con magnifiche parole, Martin Luther King:

Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio.
Se non puoi essere un'autostrada, sii un 
sentiero.
Se non puoi essere il sole, sii una 
stella.
Sii sempre il meglio di ciò che sei.
Cerca di 
scoprire il disegno che sei chiamato ad essere. Poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita


Iniziamo a realizzare il destino per cui siamo nati e finalmente inizieremo a vivere.

micheleputrino@email.it


* Foto by geralt (Pixabay)

2 commenti:

  1. Francesco Ricciardi20 marzo 2015 alle ore 17:23

    Io credo che il destino esista, molto siamo condizionati dal luogo in cui nasciamo e viviamo, dalla famiglia e da tanti altri fattori, per cui credo che siamo liberi di costruire qualcosa e di avere libertà di scelta in un raggio di azione che ci compete! Non dipende molto dalla nostra volontà ma dalle opportunità che ci circondano. Decidere di essere Re di una nazione è letteralmente impossibile se non sono il figlio di un reale!

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  2. Caro Putrino leggo spesso i tuoi articoli e molti li condivido. Permettimi di dissentire per esperienza personale su questo tuo concetto legato alla volontà.
    Concordo pienamente nel credere che con la forza di volontà si possono e si devono superare i piccoli e grandi ostacoli della vita .
    Ma credo che ognuno di noi abbia un percorso prestabilito dalla nascita fino alla morte; per quanto possiamo deviare la rotta dobbiamo comunque cercare di raggiungere il fine a noi predestinato.
    Ora in balia dei continui fallimenti, come del resto hai sottolineato, spesso si tende a mollare ed in alcuni casi per spirito di conservazione a cercare nuove soluzioni una volta attuate tutte le vie per sovrastare l’ostacolo; dopo innumerevoli sforzi e spreco di energie, si tende a vivere una situazione di sconforto spesso legata a stati emotivi ambivalenti e contrastanti che portano inevitabilmente ad un “ crash di sistema “ senza alcuna possibilità di resettare come facilmente si può fare con una macchina …
    Il tutto porta a una situazione di stallo e di sconforto che, se non aggredita in tempo con opportune manifestazioni positive in altri campi o da elementi esterni che possano far tornare la speranza, può causare una deflagrazione mentale che porta a stati di autolesionismo e ferma decisionale e, nei casi peggiori, al suicidio .
    Quest’ultimo credo che sia la soluzione ottimale per finire di soffrire e per spegnere ogni altro sgradevole avvenimento che la vita propone giornalmente ai predestinati ovvero a coloro che sono scelti dal destino come vittime prestabilite e alle quali, superato un grosso problema, si presenta subito un altro come in un video gioco dove il livello successivo ha un grado maggiore di difficoltà.
    Naturalmente parlo per esperienza personale e non voglio negare che in quei pochi momenti positivi che la vita mi ha gentilmente concesso ho visto “ il bicchiere mezzo pieno “; ma ciò non toglie alla concretezza dei fatti che alcune persone riescono con molta fortuna a raggiungere traguardi ragguardevoli ed audaci in quasi tutti i campi che determinano lo stato di felicità dell’individuo mentre altri come me soccombono cercando di rimandare l’inevitabile nella speranza che qualcosa possa cambiare: è un po’ come vivere, al pari di “ Robinson Crusoe “, in un’ isola deserta con la consapevolezza che non esistono molte soluzioni per ritornare a casa se non la speranza unica che un vascello passi da quelle parti e, per quanto ti ostini ad accendere giornalmente un falò al fine di segnalare la tua presenza alle navi in transito, devi sperare in primis di essere visto ed in un secondo momento soccorso.
    Manuel Bosco

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