venerdì 2 ottobre 2015

Nella Mente di Putin

Quando si cerca di analizzare le motivazioni reali che spingono un determinato personaggio a compiere delle azioni e ad agire in un determinato modo, niente deve essere lasciato al caso e, soprattutto, è bene mettere da parte qualsiasi convinzione o preconcetto che può risiedere in ognuno di noi e cercare di svolgere un’analisi il quanto più tecnica e accurata possibile. Ciò vale in particolar modo quando questo personaggio si chiama Vladimir Putin. E per poterlo fare utilizzeremo i quattro “strumenti” che, a mio parere, possono far emergere la vera “natura” di un individuo, e cioè: 1) individuare le motivazioni reali che spingono una persona a fare quello che fa; 2) evidenziare il suo modo di comunicare e, quindi, l’approccio utilizzato per persuadere gli altri ad appoggiarlo; 3) far emergere le tecniche di leadership usate (che possono andare dal soft al hard); 4) osservare il suo linguaggio del corpo al fine di cercare di comprendere “cosa pensa veramente” al di là di ciò che dichiara verbalmente. Ripeto, qui non si tratta di dare nessun tipo di “giudizio”, né di carattere politico né, tanto meno, di tipo “morale”: si tratta semplicemente di cercare di osservare, nella maniera più logica possibile, un determinato personaggio, proprio come un novello scienziato cerca di comprendere il funzionamento della natura con gli strumenti che ha a disposizione. Fatta questa doverosa premessa, passiamo all’azione.


Punto 1): Perché fa quello che fa?
Se ascoltiamo una serie di dichiarazioni rilasciate, emerge chiaramente che ci troviamo di fronte a un personaggio molto nazionalista, fortemente conservatore e molto ambizioso, tutte cose abbastanza evidenti. Ciò che caratterizza Putin però è il fatto che, a un occhio allenato ad osservare alcune caratteristiche, appare evidente che è ben a conoscenza delle “regole” del potere e, quindi, che compie consapevolmente la scelta di essere “nazionalista” e “conservatore”, in quanto sa che per creare una “squadra vincente” è necessario sentirsi “sotto lo stesso tetto”, con uno o più nemici da combattere (pensate a una squadra di calcio: non ci sarebbe senso di appartenenza, voglia di mettersi in gioco e nemmeno il semplice tifo senza dei “colori” con cui identificarsi e senza una squadra avversaria); allo stesso tempo è cosciente del fatto che sentirsi legati a delle radici e a dei costumi fa sentire come sorretti e facenti parte di qualcosa di più grande rispetto a ciò che si vive nell’immediato presente (ecco perché, ancora, sia nello sport che in qualsiasi altra attività sociale umana, ci si identifica con il “noi” anche a cose che risalgono a epoche in cui di “noi” non c’era neppure l’idea). È possibile comprendere questa sua natura da “giocatore” – oltre che dall’osservazione attenta di ogni sua dichiarazione – ascoltando un’intervista rilasciata subito dopo la caduta dell’Unione Sovietica: dopo aver definito il comunismo praticamente un’utopia che andava cancellata già molto tempo prima, fa capire che l’unica cosa che conta veramente è che la Russia sia “grande” (per comprendere ulteriormente questo concetto, si legga il testo dell’inno russo che non a caso è stato voluto da Putin stesso sulla musica del vecchio inno sovietico). Tutto ciò perché quando ci si sente parte di qualcosa di “grande”, l’individuo stesso si sente “grande”.

Punto 2): Come ha fatto a convincere così tanta gente?
Lo stile di Putin è asciutto e molto diretto. Evita accuratamente qualsiasi giro eccessivo di parole cercando di andare dritto al punto. Questo modo di parlare normalmente è molto apprezzato dal popolo – che pretende semplicità e chiarezza –, mentre è di solito del tutto evitato dai politici occidentali. Ciò però non deve portare a vedere Putin come un “uomo rozzo” (come troppo spesso accade, seppur in maniera sottile, in occidente), poiché anche in questo caso è ben cosciente della finalità dello stile utilizzato, tant’è che quando si trova a essere intervistato da giornalisti occidentali tende a modificare il suo “stile” (anche se in un modo così forzato da essere “tradito”, come vedremo nel punto 4, dal suo linguaggio del corpo). Inoltre le sue dichiarazioni fanno spesso riferimento, in un modo più o meno intenso, ad argomenti di tipo militare, stimolando così ulteriormente il senso di grandezza e di potenza su cui cerca chiaramente di fare leva.

Punto 3): Qual è il suo approccio alla leadership?
Anche in questo caso, al contrario di quello che si pensa, Putin non ha un approccio da “padrone-servitore”: al contrario, molto spesso si definisce “vostro umile servitore” quando si riferisce al suo popolo e, allo stesso tempo, si mette dalla parte e in difesa dei “popoli oppressi” quando parla nelle assemblee internazionali. Naturalmente ciò non significa che creda che il mondo debba essere composto da popoli tutti “ugualmente importati” (al contrario, come abbiamo attraverso un’attenta “lettura tra le righe”, la Russia deve essere “grande” e – e questa è semplice logica deduttiva – affinché qualcosa sia “grande” qualcos’altro deve essere “piccolo”), ma semplicemente che sa bene che la leadership ha diversi livelli di gestione e che, se si vuole salire al vertice, si deve prima convincere gli altri a fermarsi perché “non è giusto che gli altri rimangano indietro”... per poi poterli superare. Inoltre, da persona molto pragmatica non si limita a utilizzare soltanto il soft power ma anche – soprattutto negli ultimi tempi – l’hard power (e quando quest’ultimo è messo in pratica sembra quasi sentire echeggiare, come un sussurro, le parole di Machiavelli: «Cum parole non si mantengono li stati»).

Punto 4): Cosa ci dice il suo linguaggio del corpo?
Ovviamente sul linguaggio del corpo di un personaggio così particolare ci sarebbe veramente tanto da dire. Quello che però salta di più all’occhio è questo: quando è intervistato da giornalisti occidentali per un tempo relativamente lungo, tende molto spesso a inarcare le spalle, a ingobbire la schiena, ad appoggiarsi sul lato destro o quello sinistro e a muovere molto i piedi, tutti chiari segni di disagio. Disagio confermato da un modo di parlare molto indeciso, da uno sguardo spesso rivolto verso il basso e dal rossore del viso. Allo stesso tempo, però, tende a tenere le gambe ben aperte, chiaro simbolo del fatto che non teme i suoi interlocutori. In sostanza, dal suo linguaggio del corpo in queste situazioni si capisce che non ha “paura” dell’intervista e del giudizio dei suoi intervistatori ma che semplicemente fa molta fatica a trovare le giuste parole al fine di non apparire come “cattivo” agli occhi del popolo occidentale. Quando, invece, si trova a parlare al suo popolo o in dichiarazioni ufficiali dove rappresenta gli interessi e l’ “orgoglio” della Russia, il suo atteggiamento corporeo appare completamente diverso: sguardo fisso in avanti, spalle e schiena dritta, viso asciutto e parole ben scandite e chiare. Ergo, non teme di apparire come uomo molto “determinato” e deciso quando si rivolge al proprio popolo e agli altri leader mondiali, mentre cerca di dare un’immagine di sé molto più “soft” al popolo occidentale.

Insomma, Vladimir Putin appare come un uomo di potere molto diverso da quelli cui siamo abituati in occidente e che di certo in futuro sarà sempre più presente nello scacchiere mondiale.

Per il resto, lascio a voi ogni giudizio e conclusione.

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