mercoledì 23 novembre 2016

Dove sta andando l’umanità?

Senza una forte motivazione per cui vivere, non riusciremmo nemmeno ad alzarci la mattina dal letto. E infatti è quello che capita quotidianamente a un gran numero di persone in tutto il mondo. Il problema è che non basta una motivazione qualsiasi, bensì deve essere, appunto, “forte”, cioè deve dare un significato alto alla nostra esistenza e, quindi, giustificare le difficoltà e le sofferenze che affrontiamo ogni giorno. Non è un caso, infatti, che da sempre le religioni sono al vertice di ogni civiltà. “Ma”, si obietterà, “anche se oggi le civiltà sono laiche riusciamo lo stesso andare avanti e a progredire”. In realtà, tutti coloro che contribuiscono significativamente all’evoluzione umana credono sempre fortemente in qualcosa che li motiva, in ogni istante, ad agire con il massimo delle energie (gli imprenditori credono al “dio” della crescita, gli scienziati al “dio” della genialità, i creativi a quello dell’innovazione). Il resto dell’umanità si “aggrappa” al carro trainato da questi individui. Ecco perché tutti abbiamo la percezione di progredire – pur non avendo apparentemente nessun “credo” – e, allo stesso tempo, viviamo in un perenne stato di vuoto e di angoscia. Eppure oggi un nuovo credo sta nascendo, un credo talmente grande che non potrà che accomunare l’intera umanità e di cui proprio in questa nostra era così turbolenta stiamo tutti vivendo il primo fiorire.
Come in molti di voi avranno notato, oggi le “ideologie” che dividono il mondo non sono più le classiche dualità “destra/sinistra”, “capitalismo/comunismo”, “cristianesimo/ateismo” o anche la storica “uomo/donna”. Certo, queste in qualche modo continuano a essere presenti, ma ne esiste una che oggi guadagna sempre più campo nelle nostre vite; mi riferisco allo scontro tra la mentalità global e quella no-global. Ovviamente sto parlando della forma mentis che caratterizza le due “ideologie” e non dei singoli aspetti che possono essere apprezzati o meno.
La filosofia di fondo di coloro che sono per la globalizzazione, in sostanza, consiste nel fatto che è giunto il tempo che l’umanità diventi un unico grande popolo gestito, ovviamente, da un unico grande governo al fine di poter vivere finalmente in “pace e prosperità”. Al contrario, i così detti no-global si oppongo con tutte le forze a questa idea, prospettando una nuova tirannia a cui questa volta, a differenza di quelle passate, non sarà più possibile contrapporsi essendo, appunto, globale; inoltre, sostiene la mentalità no-global, questo porterebbe alla distruzione delle tradizioni e delle culture secolari che bisogna preservare. Detto ciò, come possiamo capire quale delle due “vie” sia più saggio seguire? Credo che la risposta a questa domanda debba passare attraverso l’osservazione, il quanto più possibile obiettiva, della Natura.
La popolazione mondiale è passata da circa un milione di abitati di dodicimila anni fa ai circa sette miliardi odierni. È una crescita impressionante. Cosa ricorda un aumento di numero così incredibilmente esponenziale? Secondo alcuni, i virus (celebre il monologo dell’agente Smith nel film Matrix in cui paragona gli esseri umani proprio ai virus). In realtà esiste un altro genere di “esseri” che si comportano così; questi “esseri”, al contrario dei virus, non solo non sono “parassiti” ma, addirittura, sono le più piccole strutture viventi e costituiscono i “mattoni” di ogni organismo vivente: sono le cellule.
In sostanza ognuno di noi è un agglomerato di cellule, dove ognuna di essa si è specializzata in un determinato “settore”. Infatti questo è il meccanismo tipico delle cellule: all’inizio, quando sono poche, sono praticamente tutte uguali (pensate alle famose cellule staminali); man mano che aumentano di numero, invece, iniziano a differenziarsi e a specializzarsi, fino a diventare qualcosa di completamente diverse le une dalle altre (come le cellule della pelle rispetto ai neuroni, dove quest’ultimi altro non sono se non le cellule del sistema nervoso). Ecco, essendo noi aggregati di cellule, è del tutto normale che per costituire le nostre civiltà non facciamo altro che seguire lo stesso principio delle cellule, specializzandoci e seguendo anche una certa gerarchia (da non confondere con la tirannia). Basta osservare qualsiasi organismo vivente per accorgersi chiaramente, e senza dubbi, che le cose stanno così. Non solo. Più l’organismo diventa complesso e più le cellule si aggregano specializzandosi e gerarchizzandosi.
Noi esseri umani, in quanto “cellule” dell’organismo “umanità” abbiamo raggiunto quel numero tale che ci porta, proprio come le cellule del nostro corpo, ad aggregarci, specializzarci e organizzarci in modo gerarchico tale da costruire un unico grande organismo che ci porterà, come sempre è stato, a superare quei confini che finora sono apparsi invalicabili.
L’uomo non può fare a meno di aggregarsi ed espandersi. Questo non è un male (a meno che la cosa non sia incontrollata, come succede con le cellule cancerose) perché così è che funziona la vita, come ci insegnano coloro che sono alla base della vita stessa, e cioè le cellule. Quali migliori maestre per poter imparare e tranquillizzarci sul nostro avvenire?
Siamo spaventati solo perché, com’è normale, i cambiamenti che non comprendiamo ci terrorizzano. Ma se guardiamo il modo di evolversi della vita capiamo; e questo non può che portarci a vedere il futuro come qualcosa di grande, di magnifico, come qualcosa da non veder l’ora di raggiungere. Una nuova era è iniziata, e noi dobbiamo prepararci a farne parte.

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